Con Antonio Galiotto di Erretre Spa parliamo di innovazione, ricerca e sviluppo
La parola “innovazione” è certamente tra le più usate del momento. Così diffusa ed “inflazionata” da vederne talvolta ridotto il significato ed il valore. Si parla di innovazione in azienda, innovazione digitale, innovazione di prodotto ed il termine non manca mai nei discorsi degli imprenditori, come pure della politica. Confusa a volte con il miglioramento di un processo (magari al solo fine di renderlo più economico) o al contrario, usata in modo fin troppo astratto, poche volte viene espressa nelle sue accezioni più complesse e profonde. Ma se innovare significa in qualche modo vedere le cose da un punto di vista nuovo e diverso, allora l’innovazione ha a che fare con molteplici aspetti e non uno solo. Nel lavoro può, ad esempio, voler dire introdurre e combinare più elementi nuovi insieme, in tutti gli ambiti: progettazione, esecuzione dei processi, modo di lavorare e di fare business. Il tutto allo scopo di creare nuovo valore.
Questi ed altri sono i temi che abbiamo affrontato con Antonio Galiotto, CEO di Erretre Spa, fornitore di impianti industriali per l’industria conciaria, che ha fatto proprio dell’innovazione la sua origine ed il suo obiettivo.
Antonio, la vostra è un’azienda vanta ad oggi oltre 100 brevetti. Cosa significa per voi “innovazione” e verso quali direzioni vi state muovendo?
Erretre è nata nel ’74 come studio di progettazione con conoscenze tecniche, chimiche e meccaniche, in risposta al mondo conciario allora in piena fase di crescita e industrializzazione. Inizialmente le soluzioni trovate venivano brevettate e date poi in concessione ai grandi costruttori di macchinari. Poi siamo diventati noi stessi i costruttori ma la nostra anima innovativa e di ricerca è ancora oggi alla base di ogni nostro progetto e non solo. Erretre nasce proprio per cercare soluzioni innovative per il settore delle pelli, per questo cerchiamo di metterci sempre in discussione. E’ questo approccio, l’approccio del progettista innovatore, la caratteristica principale che contraddistingue l’azienda.
Un esempio di innovazione tecnologica che ha portato ad innovare la pelle?
Sono molti, in realtà… In pochi anni la concia si è notevolmente specializzata. Credo che l’innovazione più esemplare, anche a livello storico di Erretre, che ci ha resi leader di mercato in tutti questi anni, sia il bottale di follonaggio. Al tempo venivano usati i bottali di legno da bagnato dismessi per bottalare le pelli. Non vi erano grandi necessità né conoscenze. Quando dagli studi abbiamo capito che in questa fase si poteva valorizzare molto di più la pelle, siamo arrivati alla progettazione del primo bottale per follonare in acciaio. Inizialmente è stato davvero difficile, andava contro la quotidianità lavorativa di allora, soprattutto perché implicava un nuovo acquisto e un investimento da parte dei conciatori. Ma parlano i risultati, ora la bottalatura è una fase cruciale per la finitura della pelle. Un’altro grande passo è stato l’introduzione dell’uso dei prodotti chimici in bottalatura. Con il brevetto Chemical Milling abbiamo definito un nuovo modo di approcciarsi a questa fase ampliandone le possibilità. Ci vuole coraggio ad innovare e spesso è un azzardo, non tanto per la riuscita (accertata da studi e ricerche) ma per la risposta dal mercato rispetto all’accettazione. E sicuramente fare ricerca ed innovazione è un impegno costante ed economico per l’azienda.
Quanto conta per Erretre la voce R&D a bilancio, ma soprattutto: cosa significa davvero per voi “Ricerca e Sviluppo”?
Ormai tutti e ovunque parlano di “Ricerca e Sviluppo”. Queste parole hanno per me un significato ben chiaro, significano: cercare quello che non c’è! Come detto prima, si tratta di una scelta impegnativa a livello aziendale, da sostenere. Può dare risultati come no e non hai mai tempi definiti. La ricerca infatti può portarci a raggiungere alcuni risultati sperati ma può portarci anche a un risultato diverso da quello prospettato. Può portarci a nulla di nuovo, ma è davvero l’unica strada per trovare e proporre nuove soluzioni o migliorare e ottimizzare al meglio quello che c’è. Ricerca non significa solo trovare la soluzione più economica per fare un prodotto o una lavorazione. Significa studiare il materiale da trattare, conoscere il processo e quindi progettare quel nuovo componente sapendo il perché, ma soprattutto significa conoscere ciò che non funziona, non va, perché lo abbiamo provato, testato e scartato. Quando arriviamo a proporre qualcosa di nuovo dietro c’è un mondo di discussioni, ricerche e anche fallimenti, a mio parere fondamentali, che ci hanno portato a costruire un’esperienza di cui oggi possiamo farci vanto e forza.
Quanto e in che modo la pandemia e le vicende attuali stanno influendo sul modo di lavorare e di vendere?
La pandemia ha cambiato e messo in discussione tutto! Ha cambiato le logiche e i tempi di mercato. Se prima il cliente andava fisicamente in negozio (o si rivolgeva agli intermediari e ai distributori), ora il cliente non si sposta più, ma raggiunge direttamente online il produttore. Dialoga in modo diretto e la domanda è in tempo reale. Per rispondere e consegnare “in tempo reale” e soddisfare il cliente per non perdere la domanda (che altrettanto velocemente può rivolgere ad altri) il produttore deve velocizzare i tempi e per farlo deve necessariamente ridurre i processi. Per diventare più rapidi nella produzione occorre ridurre le variabili. Inoltre, non possiamo più avere una “catena di comando” troppo burocraticizzata: la digitalizzazione diventa una necessità! Una modalità di gestione e controllo della domanda-offerta, nei tempi richiesti oggi dal mercato.
Oggi però non si può parlare di innovazione senza abbinarla a sostenibilità. Come combinate assieme questi ambiti?
Noi abbiamo sempre cercato di innovare a 360 gradi. Non pensiamo solamente alle macchine, l’ambiente lavorativo e quindi il benessere della persona è un punto fondamentale e migliorare l’ambiente in cui vengono inseriti i nostri macchinari è la chiave. La differenza principale è che fino a poco fa non era importante ai molti, non era una peculiarità della richiesta. Ora finalmente il mondo ha alzato la voce e si sta reagendo. Dobbiamo essere più sostenibili tutti, nel nostro piccolo, che tanto piccolo non è. Abbiamo sempre cercato di rendere le nostre proposte più sostenibili, anche se non ci era richiesto. Ora la richiesta c’è e noi abbiamo alle spalle l’esperienza degli studi fatti che ci hanno portato a dei risultati davvero sorprendenti. Un esempio è la nostra cabina di spruzzatura Ecotan, sembra una novità ma in realtà il progetto nasce nel 1984 in collaborazione con la Fondazione Clinica del Lavoro di Padova diretta dal dott. Vincenzo Cocheo: è da allora che lo miglioriamo. L’ultima versione proposta ha una ancora più alta capacità di abbattimento delle emissioni in atmosfera e di depurazione dell’aria, oltre ai consumi energetici ridotti. Per noi massima efficienza ambientale vuol dire mettere al centro la persona.
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