Le somiglianze tra il Distretto Veneto della Pelle e la Silicon Valley. L’intervista a Lucrezia Maria Mecenero
E’ stato da poco presentato il libro sulla ricerca di Lucrezia Maria Mecenero, dal titolo Il Distretto Veneto della Pelle, tra innovazione e resilienza. Come un distretto industriale è diventato un’area sistema integrata d’innovazione. Una puntuale analisi dei processi che hanno permesso a questo distretto di sopravvivere negli anni a crisi e competizione globale, fino a diventare il primo polo industriale italiano della concia.
Abbiamo incontrato l’autrice e le abbiamo fatto alcune domande, per conoscerla meglio e provare a capire i messaggi che lei ha voluto trasmettere con questa ricerca. Ti proponiamo qui a seguire il dialogo che ne è scaturito, certi che possa essere di sicuro interesse per gli addetti al settore.
Molti studenti e ricercatori universitari hanno dedicato tesi o ricerche all’industria conciaria. Non è frequente però che tali indagini e studi nascano da un “addetto del settore” come te. Ci racconti un po’ quale è stato il tuo personale approccio a questo lavoro?
Di certo io sono “di parte”, essendo coinvolta personalmente nel settore pelle. La nostra azienda, la Teknoleather, produce e commercializza prodotti chimici e coloranti per l’industria conciaria. Io ho iniziato a lavorarci da molto giovane, ancor prima di iscrivermi all’università, ed è stato solo dopo aver iniziato a lavorare in questo mondo che mi sono resa conto di quali erano le sue potenzialità. E’ stato quindi naturale per me, quando mi si è presentata l’occasione, voler scrivere di questo distretto, per farlo conoscere al mondo come lo conosciamo noi addetti ai lavori. Ci sono delle dinamiche che per noi sono quasi scontate: le viviamo e le vediamo tutti i giorni, ma sono di fatto impercettibili dall’esterno. Venendo dal mondo dei prodotti chimici, per me le sinergie e l’integrazione tra i settori, l’innovazione diffusa, sono la realtà quotidiana, ma questo fenomeno è così settoriale e particolare, che non esiste nemmeno in letteratura economica una definizione per descriverlo. E’ stato quindi importante per me riuscire a portare alla luce queste considerazioni, perché solo così è possibile far comprendere davvero le potenzialità di questo distretto.
Hai raccolto molti dati, che hanno confermato il primato del Distretto Veneto della Pelle tra i poli conciari italiani, per valori di produzione. Ma cosa è emerso di sorprendente da questa ricerca?
Sappiamo che questo distretto è riconosciuto non solo in Italia, ma a livello mondiale, come un polo dove si fa innovazione nel mondo della concia, a tutti i livelli, non solo in termini di prodotto “pelle” ma anche di tecnologie, macchinari e chimica. Ma quando io e il prof. Trevisan (Professore associato Dipartimento di Economia e Management dell’Università di Trento che ha curato con me l’indagine) abbiamo cominciato ad analizzare i dati, ci siamo trovati di fronte ad un bel paradosso…
Di quale paradosso parli?
A fronte di una spiccata propensione all’innovazione, riconosciuta a livello mondiale, il tasso ufficiale di investimenti in ricerca e sviluppo di questo distretto (e parlo di quello che si può rilevare dai bilanci) è estremamente basso, molto inferiore alla media italiana e ancor più a quella europea.
Ma se questi sono i dati: come può esistere tutta questa innovazione?
La risposta a questa domanda può essere soltanto una: grazie alla creazione di know-how e di conoscenza che avviene giorno per giorno in questa particolare area.
Com’è possibile generare così tanta nuova conoscenza, se gli investimenti ufficiali in ricerca e sviluppo sono così bassi?
La conclusione a cui io sono giunta è che il motore dell’innovazione, in quest’area, sono le sinergie tra i vari settori della filiera pelle. Sinergie che si creano perché nel territorio esistono una serie di comparti collegati, che hanno un unico denominatore comune: la pelle. Attorno all’industria conciaria infatti, negli anni si sono sviluppati alcuni settori che si sono rivelati d’importanza fondamentale per la resilienza del distretto, in particolare quelli delle macchine e della chimica conciaria.
Come descrivi tu questo sistema di sinergia di filiera?
In letteratura, esiste un nome per definire un simile fenomeno: area sistema integrata. La configurazione più evoluta di un distretto industriale, basata sulle interrelazioni e sull’integrazione tra imprese e tra settori, che rafforzano il sistema produttivo locale ed accrescono la sua capacità di reagire di fronte agli eventi. Tuttavia, in questo distretto, c’è qualcosa in più. Ad un’analisi più approfondita, è emerso infatti che la definizione di area sistema integrata non comprende tutte le peculiarità di questo Distretto, che mostra invece delle caratteristiche simili ad un’altra delle entità più studiate in letteratura economica: gli ecosistemi d’innovazione, di cui forse il più famoso è la Silicon Valley, che tutti conosciamo.
Distretto Veneto della Pelle e Silicon Valley… cosa hanno in comune?
La Silicon Valley è stata definita un ecosistema di innovazione perché è una rete interattiva, caratterizzata da processi dinamici, costituita da un gruppo di attori locali che insieme studiano e realizzano soluzioni alle sfide più diverse, creando innovazione. L’innovazione si diffonde attraverso una struttura sociale, grazie alle connessioni tra i numerosi attori, ed è proprio questa una delle caratteristiche in comune con il Distretto Veneto della Pelle. Tuttavia, gli ecosistemi d’innovazione non sono entità che non si evolvono spontaneamente; normalmente, vengono ideati e progettati attraverso l’interazione tra il pubblico e il privato.
In pratica, hai dovuto trovare un nome nuovo per esprimere la particolare configurazione di questo Distretto?
Si, con il prof. Trevisan l’abbiamo chiamata “area sistema integrata d’innovazione”, per l’integrazione tra i vari settori e per l’innovazione diffusa che questo sistema ha sviluppato.
Ma quali fattori hanno portato all’innovazione così spinta di questo Distretto?
In primis, le interazioni faccia-a-faccia giornaliere, le relazioni quotidiane di prossimità e la cooperazione tra i diversi attori della filiera, presenti sul territorio. Ciascuno porta la sua esperienza specifica e la mette a sistema con gli altri, facendo nascere nuove idee. In questo modo l’innovazione avviene in modo quasi informale, spesso attraverso le richieste stesse dei clienti ai conciatori, che si rivolgono poi alla chimica, alla tecnologia ed alla meccanica, per trovare nuove soluzioni da sviluppare insieme. Queste idee poi, circolano nel territorio attraverso il sistema sociale e così, non solo si diffondono, ma si caricano anche di nuovi significati e nuovi spunti.
La conoscenza che si è generata negli anni, quindi, è diventa nel tempo patrimonio collettivo del Distretto. Questo gli ha permesso di mantenere la sua forza e di non soccombere di fronte alle crescenti sfide che gli vengono imposte. Ma cosa caratterizza di più la zona conciaria di Arzignano?
Sicuramente la prossimità geografica e le relazioni personali – e parlo proprio della sfera privata delle persone – nel tempo ha favorito le interrelazioni tra aziende e settori ed ha portato allo sviluppo di sinergie. Questo scambio ha permesso la creazione del tipo più prezioso di conoscenza: la conoscenza tacita. In parole semplici: qui molti sanno “più di quanto possano dire”. È un tipo di conoscenza collegata all’imparare facendo e il suo trasferimento è un processo lungo e complesso, a differenza della cosiddetta conoscenza codificabile, più facile da veicolare e diffondere.
Si possono esportare tecnologie e modelli di produzione, ma sarebbe impossibile esportare tutta la conoscenza intrinseca nel distretto e nelle sue persone. Una conoscenza difficile da quantificare e da mettere a bilancio.
Torniamo quindi al paradosso iniziale: cosa genera l’innovazione che permette al distretto veneto di essere competitivo e mantenere il suo ruolo di leader, nonostante i bassi investimenti in ricerca e sviluppo?
La risposta ormai è chiara! Il patrimonio di questo distretto e la sua vera forza sono le sinergie che si sono sviluppate all’interno della filiera, grazie alla compresenza di aziende diverse e diversi settori ed alla conoscenza tacita che giorno per giorno si crea mediante la loro integrazione.
Ringraziamo Lucrezia per il suo lavoro e per questa interessante intervista invitando tutti naturalmente a leggere il libro.
Per ordinarne una o più copie scrivi a comunicazione@distrettovenetodellapelle.it